La mia Ostia

di Aldo Marinelli

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Intervista a Mario Cappuccia: al lavoro come bagnino

Intervista a Mario Cappuccia

la città di Ostia

Sono nato nel 1958 a Minturno e lì vivo tuttora.
Il mio rapporto con Ostia inizia dall’età di 5 anni quando con mia mamma, mio papà e i miei fratelli (7 in tutto) prendevamo dei “taxi” (amici che avevano la macchina e che ci trasportavano a pagamento) per venire qui a lavorare. Caricavamo queste macchine fino all’inverosimile, compresi i materassi sul tettino, perché dormivamo dentro alcune capanne che all'epoca si trovavano di fronte allo Stabilimento Tibidabo.
Mio padre era un pescatore di telline e aveva la barca al Borghetto dei Pescatori e tutte le mattine usciva a pescarle. Io fino all’età di 14 anni vendevo noccioline: andavo in giro soprattutto per la Pineta di Castelfusano, dove allora la gente si inoltrava per fare picnic e vendevo i sacchetti a 100 lire l’uno. Questo lavoro lo facevamo fino ad aprile e poi ci trasferivamo sulla spiaggia per tutta la stagione estiva. Durante i weekend dopo aver fatto tutta la giornata in Pineta, ci mettevamo alla Rotonda di Ostia verso le 18 aspettando le persone che venivano a vedere il mare da Roma: si vendevano tantissime noccioline. Eravamo cinque famiglie in tutto con circa 20 figli a fare questo lavoro : pensa che il grossista ci portava direttamente le noccioline da Roma un paio di volte alla settimana.
Per due anni (quando facevo la terza e la quinta elementare) mi sono trasferito tutto il tempo a Ostia e quindi frequentavo la scuola elementare del Borghetto dei Pescatori. Il giorno dell’esame di 5 elementare sono fuggito dalla finestra e non l’ho fatto. Anni dopo presi la licenza elementare.
All’età di 14 anni invece fuggii da Ostia a Minturno perché mio padre non mi voleva regalare il motorino per andare a vendere le telline per Ostia. Solo grazie alla fuga mio padre si decise a comprarmelo e quindi con mio fratello andavo ai Cancelli di Castel Porziano. Qui si vendevano le telline che mio papà pescava durante la notte: bastava che qualcuno si fermasse per venderle tutte subito.
A 18 anni feci il militare e per non perdere due stagioni estive (allora durava 18 mesi), finita la stagione del 1976 a settembre a Ostia andai direttamente a Gaeta per farmi arruolare. Ad aprile del 1978 finii e immediatamente diedi gli esami da bagnino. Il 2 giugno del 1978 già lavoravo come bagnino alla Rotonda di Ostia, l’attuale Shiling, dove allora c’era una spiaggia libera attrezzata. Qui facevo l’aiuto bagnino: eravamo in 4 e ci volevano tutti bene tanto che veniva tanta gente. Nel frattempo si era costituita una Cooperativa del Borghetto dei Pescatori che aveva preso in gestione lo stabilimento Picenum. L’anno dopo iniziai a lavorare lì e ci passai 10 stagioni: poi purtroppo non mi diedero l’aumento che chiesi e quindi mi trasferii alla Casetta che sento come la mia vera casa. Lo stabilimento mi offriva anche il posto per dormire e in qualche stagione ho anche iniziato a lavorare per i lavori di risistemazione, quindi da gennaio a settembre. In questo stabilimento, dove ancora lavoro ho fatto 17 stagioni, non consecutive (con delle parentesi alla Bicocca e al piccolo Mare Chiaro) ma sicuramente rappresenta per me il posto di lavoro perfetto.
Da quando mi sono sposato nel 1981 anche mia moglie lavora con me, occupandosi della pulizia delle cabine e da quest’anno anche mio figlio mi ha seguito da Minturno, e lavora come bagnino di terra: si occupa dei lettini di un settore dello stabilimento. La sera usciamo soprattutto in giugno e settembre: andiamo a Piazza Anco Marzio a prenderci un gelato, a Cineland al cinema. Poi si torna allo stabilimento e la mattina dopo si ricomincia il nostro lavoro. Sono 5 mesi di casa e bottega, e quando a luglio ed agosto si finisce alle 19 al massimo si fa una passeggiatina.
Io mi definisco un “marinaro” più che un bagnino: per me il mare infatti è tutto. Conosco i venti, le maree, i pericoli, ogni minimo dettaglio. Questo è un lavoro per il quale ci devi nascere, così come per l’istruttore di sci. Non ci arrivi per caso: il mare lo devi avere dentro. Io d’inverno abito a Minturno e tutti i giorni mi affaccio al mare: non ne posso fare a meno.
Nel 1981 mi sono sposato perché altrimenti non lo avrei fatto più: ero un bellissimo ragazzo, biondo con i capelli lunghi e muscoloso. Avevo intorno a me tante ragazze che mi facevano la corte, e con la mia fidanzata ci si prendeva e ci si lasciava. Un giorno la chiamai e le dissi: sposiamoci altrimenti non credo di farlo più. Lei mi rispose che dovevo andare da mio suocero a chiederglielo e così feci. Abbiamo due figli, un maschio e una femmina.
Nel 1983 mi sono comprato anch’io una barca per pescare telline l’inverno a Minturno. Per 8 anni andavo a mare a pescare, poi durante un’alluvione, un enorme tronco mi ha distrutto la barca e non ho più voluto prenderne un’altra.
Sono stati tanti in questi anni i salvataggi che ho fatto, sia a nuoto che con il pattino. Due sono quelli che ricordo con più precisione. Il primo a mare, quando anni fa in una brutta giornata con mare mosso un ragazzo stava sopra una tavola da surf. Arrivato a secca un’ondata gli tranciò di netto la tavola che finì sul suo muscolo della gamba, smaciullandolo. All’inizio non mi ero accorto dell’accaduto, ma appena il ragazzo ha chiesto aiuto, a nuoto l’ho salvato e portato a riva, dove poi con l’ambulanza fu portato all’ospedale. Il secondo invece è avvenuto alla piscina della Casetta. Una bimba scendendo dal trampolino che allora ancora esisteva (ma che dopo quel fatto fu tolto) prese una botta in testa e scivolo nell’acqua priva di sensi. La zia no si accorse immediatamente del fatto e quando mi chiamarono da riva arrivai di corsa e io e mio zio facemmo alla bimba il massaggio cardiaco. All’inizio non dava segni ma appena mi accorsi di qualcosa la presi in braccio e la misi sulla spalla muovendola un po’ in modo che lei quasi subito rigettò tutta l’acqua che aveva ingoiato. Quando iniziò a tossire mi uscirono le lacrime per la felicità.
Ostia come è ora è molto diversa da un tempo: non arrivano più i detriti dal Tevere e quindi la spiaggia invece di aumentare diminuisce. Ad ogni mareggiata ci ritroviamo sempre meno sabbia. Inoltre dovrebbero costruire delle barriere parallele alla spiaggia a 150 metri dalla battigia, anche al di qua del canale dei Pescatori, che andrebbe allungato. Solo così avremmo l’Ostia di un tempo.
Sul mare io faccio rispettare le regole della Capitaneria: entro i 5 metri della costa infatti non si può stazionare, giocare o prendere il sole. Purtroppo negli ultimi anni invece la battigia è presa d’assalto dai vù cumprà che non rispettano nessuna regola. Noi dobbiamo essere liberi di vedere il mare e di eventualmente accorrere in caso di pericolo. Il nostro è un lavoro di enorme responsabilità. Io mi sento un enorme peso in questo senso, anche se negli ultimi anni è più facile lavorare come “marinaro”. Questo perché grazie alle piscine i ragazzi imparano a nuotare già prima di immergersi nel mare. Un tempo invece era il mare la piscina dove provare a imparare. Adesso anche un ragazzino di 11 anni arriva a secca tranquillamente, mentre una volta si moriva affogati se ci si provava.
Ho quasi 56 anni, ma comincio ad essere un po’ stanco di questa vita: non mi sono mai annoiato facendo questo lavoro, anche se durante i giorni di brutto tempo e di fine stagione il tempo non passa mai, ma l’età ormai comincia a farsi sentire. Qualche altro anno ancora riuscirò a reggere, soprattutto mia moglie e per mio figlio, che sta imparando il mestiere e che magari deciderà di proseguire. Poi tornerò a Minturno e con il retino a braccio pescherò le mie telline che venderò ai locali: così mi vedo nel futuro.

Intervista rilasciatami di persona il 13 settembre 2013

Foto album di Ostia


 
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