mercoledì 30 ottobre 2024
La mia Ostia
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Era stata una mattina in cui i dettagli erano diventati foto

Ero totalmente immersa in quell’atmosfera avvolgente, mettendo alla prova non solo la fotografia ma anche me stessa, così Sofia Borioni ricorda uno dei momenti più belli del corso

09 Marzo 2019
Era un sabato mattina, quello del 9 Marzo, in cui il sole non era ancora pienamente alto quando ci siamo incontrati davanti alla biblioteca dell’Elsa Morante.
L’inizio fu confuso. Tanti nomi nuovi e facce nuove, la macchina fotografica di mio padre, mai usata, e tante nuove informazioni. Le prime foto furono altrettanto confuse; primi piani di Margherita, i miei non erano un granché, mentre quelli che lei mi scattò erano molto meglio, ma lei aveva svolto il corso anche l’anno precedente.
Non sono partita nel migliore dei modi: più camminavamo sulla spiaggia più il sole ci metteva alla prova, raggiungendo temperature che ora – pur essendo a Maggio – non si raggiungono, e più camminavamo e più faceva caldo e invece le mie foto erano scure, fredde e cupe.
Riguardandole sorrido, sorrisi anche quel pomeriggio, dopo il corso, in cui non ero delusa e non ero scoraggiata, ma ero soddisfatta e curiosa.
Era stata una mattina in cui i dettagli erano diventati foto, in cui le sensazioni provocate dal mare e dal sole erano diventate foto e in cui la creatività era diventata foto. E, nonostante le mie foto fossero scure, fredde e cupe, ricordo con piacere la luce, il caldo e il sole.

Era stata una mattina in cui i dettagli erano diventati foto


Era stata una mattina in cui i dettagli erano diventati foto


16 Marzo 2019
Comunque alla Villa di Plinio andò meglio. Avevo capito come dare ai miei scatti i colori che volevo.
Volevo il colore caldo della corteccia degli alberi, il verde acceso del muschio che si insinua tra le pietre… e sì, questa volta volevo anche il grigio di quel cielo cupo che rendeva la solenne via Severiana un po’ nostalgica dei passi dei Romani che un tempo la percorrevano.

Quella mattina mi sono messa alla prova: volevo raccogliere tutti i dettagli, tutte le angolature, i contrasti dei colori… volevo entrare nella villa proprio come se fosse lì, sotto i miei occhi ancora nelle perfette condizioni originali.

Era stata una mattina in cui i dettagli erano diventati foto


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Era stata una mattina in cui i dettagli erano diventati foto


23 Marzo 2019
Per me l’Idroscalo era sempre stato il capolinea dello 014; era sempre stato il posto del “non arrivare fino a lì, è pericoloso” e il posto delle storie brutte.
Non mi sono mai confrontata direttamente con una realtà talmente aspra. Ed è stato inaspettato trovare nelle storie dell’Idroscalo dei colori ancora così vivaci, colori vividi che le cose brutte e il tempo non hanno sbiadito. Forse sono proprio le storie che si celano dietro l’Idroscalo che hanno acceso questi colori, che li hanno resi vivi e vibranti.
Ho avuto un po’ di paura a camminare e a scattare foto, paura di sguardi ostili o curiosi, così quelli dei cani sulle strade sterrate come quelli dei padroni.
Ma poi abbiamo incontrato l’accoglienza di Franca, che ci ha ospitato a casa sua come se fossimo tutti amici di vecchia data. Aveva un sorriso davvero gentile, quasi familiare; e lo sguardo non era duro, ma buono, fiero e talvolta lucido. In quegli occhi c’era il bisogno di raccontare la sua storia, la storia dell’Idroscalo e di quelle Persone. In quegli occhi c’era la gratitudine di essere ascoltata, ascoltata davvero. C’era anche la Dignità. In ogni parola, in ogni frase e in ogni racconto c’era la dignità di quelle persone, la fierezza di appartenere all’Idroscalo, perché è quello il luogo a cui appartengono. È quella casa loro.
Quegli occhi erano forti e tenaci, forti anche quando erano ricoperti da un velo lucido e quando il peso di tutte quelle parole gravava insopportabilmente sulle spalle.

Era stata una mattina in cui i dettagli erano diventati foto


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30 Marzo 2019
Street photography. Non sapevo da dove iniziare. I luoghi erano quelli di sempre, abbastanza quotidiani, come le poste, piazza Anco Marzio e il pontile… ma dovevo trovare la novità anche in quelli e trasformare in soggetti interessanti anche i dettagli più scontati.
Ho cercato diverse angolazioni, ho giocato con lo zoom e la messa a fuoco, poi con i colori delle poste e con i riflessi dell’acqua colpita dal sole.
Ho percepito l’emozione di un racconto spesso dimenticato, ma importante per la Ostia che oggi viviamo: l’opera di bonifica dei Romagnoli.
Ho bloccato gli attimi dei genitori con i figli che correvano sul pontile e anche di coloro che, invece, preferivano rimanere da soli.
Ho visto i retroscena dei celebri krapfen Paglia, la cui ricetta rimane segreta e di cui ho assaggiato il nuovo ripieno alla crema di pistacchio… ho assorbito tutta la passione di Alessandro Paglia e della moglie, che si svegliano prestissimo per far lievitare l’impasto, che nell’ora di punta hanno avuto la gentilezza e la pazienza di raccontarci la storia della loro famiglia.
Mi ricordo che sono tornata a casa e non riuscivo a smettere di raccontare a mia madre cosa avevamo fatto quel giorno, che ero anche salita sul furgone dei vigili del fuoco e sulla terrazza di Regina Pacis.
Doveva essere una giornata semplice e banale, eppure è stata del tutto nuova.

Era stata una mattina in cui i dettagli erano diventati foto


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6 Aprile 2019
Svegliarmi presto non è mai stato facile: un’ora e un quarto per prepararmi, venti minuti per arrivare a Ostia e altri cinque per cercare il luogo dell’incontro. Il giorno in cui siamo andati alla Pineta di Procoio, vicino alla Bocciofila, mio padre mi aveva portato a Regina Pacis, infatti sono arrivata per ultima.
Comunque, nonostante il sonno e il ritardo siamo andati in pineta. Il sole giocava con la vegetazione creando riflessi lucenti e modificando i colori con le loro diverse sfumature. Un semplice ramo con delle foglie assumeva un aspetto totalmente diverso, un caleidoscopio di colori.
Non amo camminare nella vegetazione, figuriamoci in pineta: non sono agile, ho paura degli insetti, sono impacciata. Eppure ero totalmente immersa in quell’atmosfera avvolgente, mettendo alla prova non solo la fotografia ma anche me stessa. Sembra ridicolo, forse lo è, ma per me è stato importante.
E poi la storia di Simeone. Storia che rimane indelebile in quella pineta, nelle radici degli alberi, nel terreno, nelle querce. Ascoltare quelle parole e quella storia così cruda e abominevole è stato come se la natura, che prima mi avvolgeva, ora mi avesse privato della coperta, lasciandomi in un mare di freddo pungente come tanti aghi.
Ma mi piace pensare che quella vela nella pineta, così rigida e ferma, sia lo stesso ricordo indelebile del bambino Simeone che come vento continua a colpire incessantemente.

Era stata una mattina in cui i dettagli erano diventati foto


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13 Aprile 2019
Nel borghetto dei pescatori con il bar da un lato e la gelateria Carletto dall’altro si apre una piccola piazza colorata dai fiori delle case circostanti. Domina la statua di San Nicola nel borghetto, quasi con fare perentorio perché non c’è ancora nessuno verso le nove del mattino. Soltanto poco dopo il bar comincia ad abitarsi, la gente si conosce e si ferma a chiacchierare e, quando finalmente anche la gelateria apre, i bambini corrono o pedalano sulle loro biciclette.
È tranquillo e piacevole, e sul marciapiede opposto ci sono proprio i pescatori: con le loro barche sul canale hanno le mani segnate dal duro lavoro, gli occhi di chi ha vissuto tante esperienze e il sorriso di chi li riaffronterebbe tutte.

Era stata una mattina in cui i dettagli erano diventati foto


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