domenica 22 dicembre 2024
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Il calabrone o ammazzasomari

E' l'animale più pericoloso in Italia, ma al tempo stesso affascinante e dalla vita sociale simile a quella delle api. Scopriamo insieme la sua vita e perché viene chiamato ammazzasomari


Il calabrone o ammazzasomari


Il calabrone è uno dei Vespidi più caratteristici delle nostre regioni: è riconoscibile per le grosse dimensioni e per la tinta rossiccia della parte anteriore del corpo. Ha occhi molto grandi e con una particolare forma a "c", il peduncolo addominale è breve, alcune macchie rosse ornano la testa, mentre il resto del corpo è nero, giallo e rosso. La femmina può raggiungere i cinque centimetri di lunghezza, mentre il maschio e le operaie misurano 2-2,5 cm.
Le femmine fecondate trascorrono l'inverno in condizioni di metabolismo rallentato, nascoste nei tronchi o nel terreno, producendo anche glicerolo, che agisce da "antigelo". Quando escono poi dal lungo letargo invernale, le femmine fecondate vanno alla ricerca di un luogo adatto alla costruzione del nido, che può essere sospeso oppure nascosto in una cavità, con l'apertura delle celle rivolta verso il basso; a volte può approfittare di un alveare vuoto.
Il materiale usato per la costruzione è spesso la corteccia ancora verde e tenera di varie piante (spesso dei frassini giovani), che l'insetto impasta con la saliva e, prendendola tra le zampe, la applica levigandola a lungo con le mandibole. Durante la costruzione, che è molto rapida, si reca spesso al più vicino specchio d'acqua per bere abbondantemente.
Quando il nido è pronto la femmina del calabrone depone le uova, una in ogni cella, introducendovi l'addome. Dopo cinque giorni ne escono le larve, che rimangono fissate al fondo della cella con l'estremità posteriore del corpo.


Il calabrone o ammazzasomari


La madre le nutre dapprima con nettare, poi con alimenti più sostanziosi: come gli altri vespidi prima piomba sulla preda, poi l'atterra e le spezza ali e zampe; infine mastica il torace della preda, ricco di proteine per la presenza dei muscoli del volo, afferra la pallottola con le mandibole e la porta alla prole. Dopo nove giorni la larva si trasforma in ninfa, e dopo altre due settimane compare una giovane operaia, sterile.



Subito essa si ripulisce le antenne e le zampe, poi prepara la cella che l'ha ospitata a ricevere un altro uovo; a questo punto si nutre e comincia a raccogliere i materiali da costruzione.
Ben presto il primo strato di celle non basta più e inizia la costruzione del secondo, separato dal primo da "pilastri"; si possono trovare fino a cinque strati di celle sovrapposte, incluse in un involucro isolante dal calore.
All'interno del nido la temperatura si mantiene sui 30°C. Nei giorni più caldi le operaie bagnano con acqua la superficie delle celle, che vengono così rinfrescate per evaporazione. Durante i periodi di cattivo tempo, sono le larve a nutrire le operaie, producendo una soluzione zuccherina.
Mentre la regina ha bisogno di una alimentazione più ricca di proteine, per l'adeguato sviluppo delle sue ovaie, le operaie necessitano quasi solo di carboidrati, che ricavano dai frutti maturi o dai tronchi d'albero danneggiati.
Dalla seconda metà di settembre compaiono i maschi e le femmine fertili: i primi, in grado di nutrirsi da soli, nascono da uova non fecondate, le seconde da uova fecondate simili a quelle delle operaie, ma deposte in celle particolari. All'avvicinarsi della stagione fredda si hanno gli accoppiamenti, mentre le uova che non si sono ancora schiuse vengono distrutte dalle femmine. Alla stagione fredda sopravvivono solo le femmine feconde.

Lo sapevate che...
Come gli altri vespidi, i calabroni sono abbastanza aggressivi, sebbene non attacchino senza essere stati disturbati. Il loro pungiglione, contrariamente a quello delle api, non è dentellato, e rimane solo raramente nella ferita, ma la puntura è molto dolorosa e spesso causa un notevole gonfiore: una puntura alla gola può portare al soffocamento. Il loro nome dialettale indica la capacità di questi animali di poter uccidere organismi di stazza grande quanto un somaro o un cavallo. Al contrario di quella delle api, la puntura del calabrone non ha come bersaglio i vertebrati: le api devono difendere il nettare raccolto nell'alveare dagli animali che se ne vogliono cibare e insieme al pungiglione lasciano nella pelle dell'animale la ghiandola che continua a rilasciare il veleno (perdendo così la vita); i calabroni invece usano la puntura sulle predi più difficili, che sono comunque insetti. Per questo la quantità di veleno iniettato è inferiore rispetto a quella rilasciata dall'ape. Hanno il pungiglione solamente la regina e le operaie.


Il calabrone o ammazzasomari

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