Federica Ranciaro: il litorale romano ha anche tanta voglia di rialzarsi
Vivere a Ostia non mi è mai piaciuto, ma avrò sempre quel senso di appartenenza che lega tutti i romani al proprio quartiere, la amerò sempre.
Obiettivo Ostia è stato una riscoperta del mio territorio, della mia città. Ostia, il mio quartiere, la mia vita e la mia casa. Vivere a Ostia non mi è mai piaciuto, ma avrò sempre quel senso di appartenenza che lega tutti i romani al proprio quartiere, la amerò sempre.
Il litorale romano ha tanti difetti, troppi, ma ha anche tanta voglia di rialzarsi. Questo l’ho sempre saputo, ma grazie al percorso con Aldo ci credo anche. Ostia è un po’ così, come la foto: il gabbiano è morto, sul punto di degradarsi, ma si poggia sulla sabbia e dietro ha un mare bellissimo.
Ostia è anche verde. Tantissimo verde. Una pineta sconfinata, la riserva di Procoio, ai piu’ sconosciuta, anche a me. Al di là di via del Promontori, dietro la bocciofila, si innalzano fittissimi gli alberi, il sole non si vede, il cielo neanche. Si sentono il fruscio degli alberi e il canto degli uccelli. Poi, di punto in bianco, ricompare il sole, il cielo, il caldo e il paesaggio diventa una pianura a dir poco suggestiva. Sembra tutto troppo bello. La spensieratezza del paesaggio è spezzata dal ricordo di Simeone e dal suo memoriale, che riportano alla luce una storia di decenni fa, una raccontata troppo poco e che, ancora una volta, getta ombra su Ostia.
Di tuffi nel passato ce ne sono stati più di uno, questa volta di molti secoli. La così detta Villa di Plinio, una volta affacciata sul mare, è stata una delle nostre tappe. Luogo sconosciuto a un buon 95% della popolazione ostiense, complici il (quasi) completo abbandono delle istituzioni e la difficoltà che si riscontra nel raggiungerla.
Mi chiedo: come è mai possibile tutto questo? Un bene così prezioso abbandonato, lasciato a se stesso. Gli unici punti d’accesso sulla Colombo, dove si deve poi camminare nella pineta: non uno straccio di indicazioni. Anche questa è Ostia. Anzi, soprattutto questa: bellezze immense lasciate a loro stesse, senza un minimo di interesse. Uno spunto di cultura sconosciuto a tutti, mai valorizzato. Perché deve essere così?
E’ così anche l’Idroscalo, lembo di terra fra il porto, il Tevere e il mare. Un mare bellissimo, frastagliato da scogli che creano giochi d’acqua bellissimi con le onde. Spalle alla costa il paesaggio cambia: sembra di essere ai confini del mondo, si sente un eco fortissimo, quello dell’abbandono. Abbandono di tutti, del comune, del municipio, della gente. Sì, perché quando dici a qualcuno che vai all’Idroscalo la risposta media che ricevi è: “Ma no, lì nun c’annà che nun torni piu’”. Invece io all’Idroscalo ci manderei tanta gente, per far capire cos'è l’umanità, come si vive in una comunità dove tutti si aiutano. All’Idroscalo nessuno è diverso. Italiani, rumeni, rom. Loro si aiutano tutti, perché sono tutti in difficoltà, tutti lottano per un posto migliore. Un posto che non sia così distaccato dal resto del mondo, un posto che abbia strade, case a norma, un parco, magari una scuola. Franca vive all’Idroscalo da una vita, con sua figlia e i suoi nipoti. Vive aiutando il prossimo, non si ferma mai, è il simbolo di questo posto. Chi vive all’Idroscalo non se ne vuole andare, vuole rimanere e combattere per la sua casa. Questo senso di appartenenza mi è rimasto impresso da quando la figlia di Franca ci ha guardato e ci ha detto: “Ma io perché me ne devo annà? Questa è casa mia. Io qua ce so nata e so sicura che ce moro e me ce seppelliscono”.
La nostra ultima tappa di questo viaggio bellissimo inizia con questo volto: uno di quei volti chi ha vissuto e sopportato tanto. E’ il volto di un uomo che ha sempre vissuto e tutt’ora vive di pesca, di mare. Dice che al mare, a largo, trova una pace che altrove non trova, è lontano dai rumori della vita quotidiana, del Borghetto. Il Borghetto dei Pescatori è un luogo magico, a ridosso del Canale dei Pescatori; sembra di trovarsi in un’altra epoca, è un luogo d’altri tempi. E’ tutto concentrato intorno alla piazza, al centro della quale regna sovrano san Nicola, protettore dei marinai. Il canale è intervallato da ponticelli, costellato di barche e barchette. La cose più bella è che ognuna di esse racconta una storia, una storia sempre diversa, mai banale. Ma hanno una cosa in comune: tutte parlano di mare.
Mi trovo d’accordo con il pescatore: in mare aperto ci sono una pace e un silenzio fuori dal comune, rumori finalmente diversi da quello delle macchine o della gente che parla. Ma in mare c’è anche tanta adrenalina, voglia di superare i limiti e le barriere della natura, c’è tanta libertà. Quando sei su un catamarano o una barca a vela ti si sgombra la mente, ti si libera la testa e pensi solo a superare te stesso e raggiungere quella linea all'orizzonte.
di Aldo Marinelli del 23 giugno 2019