Pietro Trifone
Pietro Trifone è docente di Storia della Lingua Italiana all'Università di Tor Vergata di Roma.
Mi piacerebbe sapere se effettivamente sei nato a Ostia o da quanto sei legato a questa città?
Sono nato a Ostia all’inizio degli anni Cinquanta, ci sono rimasto fino a otto anni, poi mi sono trasferito con la famiglia a Maccarese, dove mio padre gestiva un’azienda agricola, ma a tredici anni sono tornato a Ostia. E ci sono rimasto per altri trent’anni buoni!
Per i parenti, i compagni di scuola e gli amici più stretti sono sempre stato “Piero”, anche se il mio nome di battesimo è “Pietro”. Nel 1996 ho dovuto spostarmi in Toscana, perché ero stato eletto rettore dell’Università per Stranieri di Siena; nel 2006 sono passato all’Università di Roma Tor Vergata e ho preso casa in una zona della capitale gradita anche a mia moglie (che non è ostiense).
Quali sono i tuoi ricordi da bambino ad Ostia? Quali sono state le scuole che hai frequentato?
Da piccolo ho vissuto in una fattoria dalle parti dell’Infernetto, un posto meraviglioso per un bambino, con il cortile, la stalla, tantissimi animali, i fienili, grande spazio a disposizione e molti amichetti con cui giocare. Quel vecchio casale esiste ancora oggi, ma è stato trasformato in un complesso residenziale.
Ho frequentato il liceo classico Anco Marzio, mentre l’estate la passavo un po’ a Ostia e un po’ a Maccarese, in campagna, dove tornavo nell’azienda paterna. Confesso di non essere stato un alunno esemplare. La voglia di studiare mi è venuta più tardi, verso i vent’anni, quasi in concomitanza con la malattia e la morte di mio padre, un’esperienza che mi ha molto segnato. Convertendomi forse in un secchione. Non che prima fossi un play-boy, intendiamoci. La mia consuetudine con i silenzi della campagna spingeva in direzione opposta, ma qualche buona amicizia (anche femminile) non mi è mancata.
Dove hai abitato, in che zona? Sei legato ad Ostia ancora per la famiglia, dicevi, quindi ci torni spesso? Lo fai volentieri? Passeggi ancora per il centro storico? Quali sono le cose che sono cambiate e che preferisci ora? E cosa preferivi di Ostia del passato? I tuoi genitori sono di Ostia? Hai dei loro ricordi sulla città? Magari i tempi della guerra o subito prima o dopo?
Dall’adolescenza in poi ho abitato sempre nello stesso appartamento di via delle Baleniere, dove torno tutte le domeniche assieme a moglie e figlia per passare una giornata in compagnia di mia madre e mio fratello. Ricordo che da ragazzi giocavamo a pallone con i coetanei in un campetto lì vicino, cancellato come tanti altri dalle palazzine costruite successivamente in tutta la zona.
I luoghi magici di Ostia sono il generoso litorale (tranne che nelle domeniche estive) e lo straordinario polmone verde della pineta: quanto benefico sudore avrò versato da solo o con gli amici correndo su quei sentieri che non hanno molti rivali nelle pianure dell’intera Europa continentale?
I miei genitori, entrambi di origine abruzzese, hanno avuto un rapporto con Ostia molto diverso dal mio: un rapporto di tipo funzionale, direi, senza tutto il coinvolgimento emotivo di chi, come me, in questa città ci è nato, ci ha passato l’infanzia e l’intera giovinezza.
Cosa preferiresti facessero ad Ostia per migliorarla? Quali sono i luoghi di Ostia che preferisci? Una piazzetta, una via, un cibo, un odore, qualcosa che ti riporta immediatamente qui?
I luoghi da preservare sono quelli che rappresentano meglio l’identità di Ostia, l’apertura e la libertà che le derivano dall’ambiente e dal paesaggio. Ostia è il mare di Roma, proclamava Mussolini, in questo caso azzeccandoci. Ma che cos’è Roma? In una mia storia linguistica della capitale, dal Medioevo al Duemila, ne ho dato una definizione bizzarra: “Roma è l’unico villaggio al mondo insignito del titolo di città eterna”. Più che un villaggio, in realtà, Roma è un agglomerato di villaggi diversi. Quanto più questi “villaggi” – Ostia compresa – sapranno rimanere fedeli ai loro caratteri distintivi, tanto più saranno apprezzati da chi li abita o li visita. Se non fosse così, qualche anno fa non avremmo sofferto tanto per la chiusura del pontile, o per l’incendio di un pezzo della pineta. La prima cosa da fare, diceva sempre mio padre, è conservare il patrimonio. E sarebbe già tanto, di questi tempi. Progetti più ambiziosi, come l’ipotizzata riqualificazione dell’ex colonia di Ostia in sede di corsi universitari, mi sa tanto che dovremo rinviarli a momenti migliori.
Intervista rilasciatami via mail il 19 agosto 2013
di Aldo Marinelli del 04 ottobre 2016